È quasi l'alba. In una piazza di Siviglia, un giovane aristocratico, il Conte d'Almaviva, organizza una serenata per una ragazza incontrata qualche tempo prima al Prado di Madrid e della quale ignora l'identità. L'anziano che l'accompagnava al museo – probabilmente il padre – aveva infatti impedito ogni contatto. La giovane però non s'affaccia alla finestra e, dopo che i musicisti se ne sono andati, al Conte, scoraggiato, non resta che sfogarsi con il servitore Fiorello.
Si sente arrivare qualcuno canticchiando. Almaviva per prudenza si nasconde, ma l'importuno è una sua vecchia conoscenza, Figaro, un barbiere tuttofare. Il Conte gli spiega il suo caso e il “factotum” si offre subito di aiutarlo. Conosce bene la ragazza e, per lavoro, ne frequenta la casa: Rosina non è la figlia del dottor Bartolo, ma la sua pupilla. Non solo. Il tutore, geloso e guardingo, la tiene sotto chiave perché conta di sposarla e mettere le mani sulla sua dote.
In quel momento si apre il balcone e Rosina lascia cadere un foglio che, inutilmente, Don Bartolo tenta di intercettare. Nel biglietto la ragazza informa l'ammiratore di essere incuriosita: vorrebbe sapere qualcosa di lui, quali sono le sue intenzioni. Su suggerimento di Figaro, Almaviva intona allora un'altra serenata, dichiarando di chiamarsi Lindoro e di essere uno studente squattrinato. Vuole che lei lo ami indipendentemente dal suo rango. Rosina sta al gioco e il Conte, euforico, promette a Figaro una generosa ricompensa in cambio del suo aiuto. L'idea dell'oro stimola l'ingegno del barbiere, che suggerisce ad Almaviva di travestirsi da soldato. A Siviglia è in arrivo un reggimento: con un falso permesso di alloggio, il Conte potrà chiedere ospitalità in casa di Don Bartolo e parlare finalmente con la giovane.